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 Forza d'Agrò paese medievale a due passi da Taormina e l'Etna. Ricco di arte, storia e cultura, panorami mozzafiato. Famoso per aver accolto i cast di molti film.


Salvatore Giuliano

Salvatore Giuliano: un Casanova? Tra amori veri e falsi si raccontò di tutto. Molte dicerie popolari descrivevano il re di Montelepre bello come un dio greco, generoso come un emiro, affascinante come Rodolfo Valentino. A centinaia gli scrivevano lettere e conservavano sue foto ritagliandole dai giornali. E nelle fiere dei paesi i cantastorie illustravano le sue "gesta". Non c'era dubbio che a Giuliano piacesse corteggiare ed essere corteggiato.

    Si raccontava che, ancora ragazzino, la sorella Mariannina gli scoprì in tasca dei pantaloncini una poesiola dedicata a una fanciulla di una casa vicina. Da grande era però costretto a guadagnarsi le ore d'amore, ma non gli mancavano nè le occasioni, nè il tempo. Non voleva un'amante fissa poiché era un incomodo, calamitava segugi sulle sue tracce,diventava imprevedibile al momento dell'abbandono. Ciò per non voleva dire che donne "sicure", sulle quali garantivano i componenti della banda, non riuscissero a raggiungere Turiddu nelle sue tane. Ma il più delle volte era lui stesso che andava a trovarle:arrivava e spariva, alimentando la sua fama di grande attore della vita. Cosicché le verità si mischiavano a leggende da raccontarsi durante la mietitura o all'osteria.

    Una mattina l'avrebbero visto entrare nel palazzo di una coppia blasonata, duchi con stemma gentilizio sulla porta. Il padrone di casa era assente, ma c'era la signora, nobildonna abituata alla dolci maniere. E Giuliano si sarebbe presentato in abito scuro, venendo al sodo: "Sono interessatissimo ai vostri gioielli. Volete darmeli, signora?". Solo allora la nobildonna si sarebbe decisa a consegnargli un cofanetto. Ma Giuliano: "Duchessa, il gioiello più bello, l'avete al dito. La vostra classe però merita un premio: vorrà dire che non lo venderò e che lo terrò sempre con me". E si sarebbe allontanato, prendendo da un divano "La battaglia di Steinbeck", restituendo poi il libro con una lettera: "Non riesco a capire come una reazionaria come voi possa apprezzarlo".

    La fantasia del popolo ingigantiva tutto anche i particolari più insignificanti. Trovò spazio anche la cotta di una principessa che aveva conosciuto il bandito quando questi, altero e sprezzante, era andato a bussare alla porta per avere un sostegno alla propria causa. Gli aveva poi dato soldi e amore, finché lui non era più tornato. Ma per i cantastorie la principessa sarebbe rimasta nel suo castello a disperarsi e ad aspettarlo.

    Mancavano le tv, ì kolossal cinematografici, le telenovele. Anche un bandito diventava dunque protagonista di tanta cronaca rosa e principe azzurro, a dispetto spesso della realtà. Nel fienile della stalla di Salemi, durante l'intervista con il giornalista Jacopo Rizza, Turiddu si lasciò scappare che uno degli ardori più struggenti della sua giovinezza si era identificato in Maria, "ragazza dolce e bella" che però gli aveva fatto "l'affronto" di sposare un carabiniere e di emigrare in Australia. Quando poi Rizza ripartì, il bandito ebbe un pentimento: "Che sciocco, tutto avrei potuto dire fuorché raccontare di Maria".

    Si parlò anche di una storia d'amore tra Turiddu e la giornalista svedese Maria Cyliacus che se n'era andata a zonzo per Montelepre con una certa incoscienza e un pizzico di goliardia, sicura che i maschi siciliani mai avrebbero aggredito una donna. Parlava benissimo l'italiano, aveva superato decine di posti di blocco. Alla fine s'era trovata davvero davanti al bandito che s'era dichiarato mammone e pieno di rimpianti. Le avevano servito pastasciutta, insalate e formaggi. Poi lui s'era addormentato su un giaciglio. E lei era rimasta a prendere appunti, trovandolo bello, aperto e franco, dalle mani forti ma non tozze, dalle unghie tenute con cura. Si fecero passeggiate e mangiate. Non mancavano mai le ulive nere, inzuppate di tanto olio. E Turiddu aveva anche il tempo di dedicarle in dialetto una poesiola: "Vinisti da la nivi a lu me suli/sula cun lu curuzzu intra li manu/comu la Madonna a lu Figghiuzzu/li ciuri volli non lu pani".

    Dopo aver pubblicato i suoi servizi, la Cyliacus aveva tentato di tornare a Montelepre. Il Ministero dell'Interno l'aveva rispedita a casa per calmare l'opinione pubblica italiana:ma come, una donnetta qualsiasi riusciva ad arrivare davanti a Turiddu e le forze dell'ordine no? Impossibile spiegare che era stato Turiddu a spianarle la strada e che al no del Viminale aveva preso carta e penna scrivendo alla giornalista:oh, quanto mi dispiace! Un cronista attento come Renzo Trionfera riuscì a stabilire che una delle prime fiamme certe di Turiddu era stata Caterina, già infermiera in un ospedale palermitano. E fu un amore romantico. Ben diverso dunque da quello che legò il bandito a Maria (una terza Maria dunque!), detta "la biondona", irriducibile indipendentista. Il padre era soprannominato "il brigante di cartone". Suo fratello era accusato di un omicidio. Quando però la corda sentimentale del capobanda diventò sensibile alle sollecitazioni di altre ragazze, la disperazione della bionda fu tale che sposò il figlio di un tale ucciso in conflitto dai carabinieri. Ma nemmeno la sua sorte fu migliore: suo marito la scoprì tra le braccia di un altro e la uccise. Intanto Giuliano veniva spesso visto a Cinisi dove aveva stretto amicizia con due belle signorine. Altre due le incontrava a Partinico. E non mancava chi sosteneva che, sia pure unilateralmente da parte di Turiddu, una certa simpatia fu alimentata nei confronti di una donna che gli dava lezioni di pianoforte. Secondo i carabinieri, intorno al 1946 una delle tappe fisse di Turiddu era una trattoria dove si incontrava con Pierina, sorella minore di due ricchi agricoltori. Ma al di là di tanti flirt reali o inventati, la storia più clamorosa prese piede dopo la sua morte, anche se poi si rivelò una bolla di sapone.

    Maria Giuliano Lombardo ricevette una lettera sgrammatica che la chiamava "cara mamma", aggiungeva che Turiddu le aveva manifestato il desiderio che sulla sua tomba venissero scritti alcuni versi e concludeva: "Baci a tutti e a voi, cara mamma. Vi abbraccio. Credetemi, la vostra indimenticabile Santuzza". La lettera risultava imbucata a Forza d'Agrò, provincia di Messina. Non ci volle molto a sapere che Santuzza era Maddalena Lo Giudice, una ventitreenne di Antillo. E quando Mariannina Giuliano e il fratello Giuseppe si presentarono a casa sua, la donna confermò di essere stata l'amante di Turiddu, di avere avuto da lui un figlio e di avere avuto in consegna memoriali, gioielli che aveva messo al sicuro presso gente fidata.

    Tra i Giuliano e la Lo Giudice iniziarono scambi di impressioni e persino cortesie che durarono anni. Con mille scuse infatti la donna riuscì a prendere tempo. Ci fu addirittura un incontro a Catania per conoscere il figlio di Turiddu, ma si rivelò un altro buco nell'acqua. In un memoriale pubblicato dal settimanale "Epoca" infine Maddalena Lo Giudice si decise a scrivere di non aver mai visto Turiddu, di non essere mai stata la sua amante, di non possedere ne documenti, ne soldi, nè gioielli. Si era inventato quell'amore per colmare l'ozio delle sue giornate. D'altronde come mai avrebbero potuto incontrarsi se Giuliano non s'era mai mosso dal territorio di Montelepre e lei da quello di Antillo? Nella lettera s'era firmata Santuzza perchè "Turiddu e Santuzza costituiscono un binomio famoso". Comunque la balla visse scenari da vera telenovela a puntate.

    Allora, Turiddu un Casanova? Di certo parlava con chi voleva e se voleva. Al Comitato d'indagine sui rapporti tra mafia e banditismo un generale raccontò che per incontrare Giuliano era sufficiente intercettare sua madre a Montelepre. Il bandito esaminava la richiesta, poi faceva rispondere si o no da uno qualsiasi che per caso capitava d'incontrare per strada. Guai però confondere folclore o amori veri e presunti con la realtà storica e i molteplici delitti di cui fu accusata la banda Giuliano. Se ciò accadde, accade e accadrà, uno solo il motivo:i troppi dubbi e interrogativi intorno alle sue azioni hanno arricchito di gratuita dietrologia anche i particolari di contorno e di poco conto. E tanti misteri sono rimasti un affronto rispetto allo stesso spicchio di realtà accertato dall'Antimafia e contenuto nei suoi archivi: "Aiutato dalla situazione locale e storica del tempo, Giuliano riuscì a fare nella sua carriera centinaia di vittime, sempre purtroppo protetto nell'inaccessibilità del suo rifugio dalla non malcelata protezione della mafia". Ma chi tesseva la tela o la disfaceva al di sopra della mafia? Purtroppo nuove "verità", nuove "rivelazioni", nuovi echi di "leggenda" non facevano che sovrapporsi persino ad alcuni di quei fatti ormai chiariti e ricchi di riscontri


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Emanuele Giuseppe Di Cara Viale delle Rimembranze Forza D'Agrò E-mail: toglimi_edicara@aruba.it*
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